giovedì 10 dicembre 2009

Nobel profeta, di scuro falso vestito..


Il "Profeta scuro" ovvero il nuovo Imperatore Obama ha ricevuto dalla congrega degli artisti dell'accademia "All'incontrario", in quel di Oslo, il palesemente destituito di ogni fondamento, premio Nobel per la pace.
Con perfette parole Orwelliane ha così commentato, intanto che allungava le auguste lunghe mani sull'ambito e lucroso, se pur tarocco, premio, che il suo pronome è "Dinamite", tanto per dire, messo in palio dall'asservito Bon-ton elitario mondiale.
"Gli strumenti di guerra giocano un ruolo nel preservare la pace". Ha detto.
La guerra è pace. George Orwell preso di peso.
E ancora: "Non siamo prigionieri del destino,le nostre azioni contano,possono indirizzare la Storia verso la giustizia."
Forse nel mentre pensava in parallelo ai suoi ben indirizzati micidiali "Predator" che svolazzano impuniti, immorali e immortali nei cieli dei colpiti dalle folgori della pace...
Ha poi proseguito con la strabollita retorica bolsa dell'America, grande gendarme buono che protegge i diritti dei cittadini democratici nel mondo cattivo, sproloquiando poi sul "rispetto di culture, tradizioni e aspirazioni universali" dei popoli.
A metà discorso ha poi inserito una banale frase ad effetto degna del miglior John Wayne: "La guerra non è mai gloriosa, e non bisogna mai spacciarla come tale. La guerra è una premessa di tragedia umana", ha detto.
Pausa breve con sofferta smorfia del dolore del buono stampata nel bel viso bruno, ha poi continuato con la nota sua voce calda e suadente,da negro quasi bianco, alto,slanciato e con un sogno..
"Non ho con me oggi una soluzione definitiva ai problemi della guerra, quello che invece so è che per affrontare queste sfide è necessaria la stessa visione, lo stesso lavoro duro e la stessa insistenza di quegli uomini e quelle donne che hanno agito con coraggio decenni fa. E a noi è richiesto di ripensare le nozioni di guerra giusta e gli imperativi di una pace giusta".
La sua, evidentemente, la Pax Americana, tragica, anacronistica parodia della tristemente nota antica Pax romana, a tabula rasa, quella che già Tacito descriveva
nell'Agricola dove fa dire ad un capo Caledone queste parole a proposito dei romani: "Là dove fanno il deserto gli danno il nome di pace".

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